08 settembre, 2016

Le parole definitive

Ogni cosa è vana come rimestare la cenere. (F. Pessoa, Libro dell’inquietudine)

Le parole definitive cancellano tutto tranne le fedi e le speranze, perché è meglio credere in qualcuno o qualcosa che potrebbe non esistere piuttosto che non credere.

Le parole definitive cercano di sagomare le cose, di ritagliarne il contorno rispetto allo sfondo, anche se contorno e sfondo sono intercambiabili.

Le parole definitive amano l’ossessione dell’anafora.

Le parole definitive cristallizzano gli oggetti morti in cui si agita e ristagna la vita.

Le parole definitive riconoscono che la realtà è follia, l’esistenza paradosso.

Le parole definitive sanciscono la noia, mentre si sgretola il tempo.

Le parole definitive condannano l’orrore della normalità, l’inutilità del dolore.

Le parole definitive scolpiscono le prospettive schiacciate di giorni tutti uguali.

Le parole definitive immortalano la vita come una serie di sventure e di chimere che impropriamente chiamiamo decisioni.

Le parole definitive indicano l’ultima direzione, quando tutto è perduto.

Le parole definitive sono quelle non pronunciate, non scritte, imprigionate nel limbo dell’indicibile; le uniche che forse avrebbero potuto cavare un senso dal mondo, se non fossero sepolte nella più inaccessibile segreta.

Le parole definitive sono quelle che incorniciano la fine ed il nulla infinito che ci circonda.

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