12 marzo, 2016

Erich Maria Remarque: guerra ed umanità



Erich Maria Remarque (1898-1970), l’autore tedesco del bellissimo e celebre romanzo “Niente di nuovo sul fronte occidentale (1929), da vero artista, palesò non solo un ripudio categorico della guerra e delle sofisticazioni ideologiche che la fomentano, ma anche una radicale, lucida comprensione della natura umana e della politica.

Il romanziere tedesco, rispondendo alle domande di un giornalista italiano, nel settembre del 1963, dichiarò: "Oggi nel mondo si sono aperte enormi frontiere di conoscenza scientifica, ma gli orizzonti della responsabilità morale sono sempre molto limitati. L’uomo, come tale, è sempre quello di duemila anni addietro, con la sua imbecillità, la sua crudeltà, il suo egoismo. Se un uomo fosse stato in galera per trent’anni, uscendo oggi, non riconoscerebbe il mondo sensibile; non troverebbe, però, cambiati i suoi simili. Per tanto tempo nel mondo la democrazia è stata ben poca; la responsabilità più grave, quella che può compromettere le sorti dell’intera specie umana e portare alla distruzione totale è affidata solo a cinque o sei persone”.

E’ proprio così: un’oligarchia decide il destino della Terra. Di fronte ad essa una massa oceanica, strabocchevole è solo carne da cannone, pronta per il prossimo eccidio presentato dalla propaganda di governi e chiese come “guerra giusta” o “guerra al terrorismo” (war on terror). I popoli sono pronti per essere sgozzati, ma sono essi per primi, a causa dell’ignoranza e della becera fiducia nella classe "politica", gli aguzzini di sé stessi.

A proposito dell’uomo, l’autore forse non è abbastanza disincantato: gli uomini sono cambiati e cambiano; è indubbio che è in atto un’inquietante degenerazione di homo sapiens (?), sempre più egocentrico, prepotente ma codardo, feroce e servile.

Remarque, con le sue opere, esprime un’implacabile denuncia del militarismo, un monito tanto nobile, quanto destinato a rimanere lettera morta, come gli abominevoli eventi attuali e quelli che stanno per compiersi dimostrano in modo inoppugnabile.

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APOCALISSI ALIENE: il libro


3 commenti:

  1. "L'uomo è divenuto un superuomo [...]. Ma il superuomo col suo sovrumano potere non è pervenuto al livello di una sovrumana razionalità. Più il suo potere cresce, e più egli diventa anzi un pover'uomo [...]. Le nostre coscienze non possono non essere scosse dalla constatazione che, più cresciamo e diventiamo superuomini, e più siamo disumani".

    In questo frammento del discorso di Albert Schweitzer alla consegna del Premio Nobel per la pace, a Oslo, nel 1952, Schweitzer utilizza il termine superuomo riferendosi al potere che lo sviluppo tecnologico ha dato all'uomo.

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    1. Il superuomo è in realtà un essere sub-umano manipolato da... Loro.

      Ciao

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  2. I concetti che Remarque espone in quelle poche frasi citate sopra denotano, si direbbe, una mentalità un tantino limitata. Luoghi comuni circa il 'progresso tecnologico' accompagnato da una moralità troppo carente. Sembra di ascoltare i pensieri di un giornalista del Tg. E analogamente un deprezzamento dell'uomo antico visto come una specie di ritardato mentale quando si direbbe che il contrario è vero.
    Inoltre una curiosa lamentela sul fatto che il livello di democrazia presente nel nostro mondo non basterebbe. Come se la democrazia fosse la panacea dei nostri mali.
    Ma nessuno stupore: pare che il nostro fosse di razza ebraica. E questo spiegherebbe molte cose.

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