03 aprile, 2015

Epifania



Un po' come quegli istanti nel cuore della notte, quando ti svegli di colpo da un sonno profondo con la coscienza lancinante, lucidissima di qualche fatto spiacevole: che sei destinato a morire, per esempio”.

Questo scrive George Orwell (pseudonimo di Eric Blair) nel romanzo “Fiorirà l’aspidistra”. L’autore in questa opera, meno nota rispetto ai classici “La fattoria degli animali” e “1984”, ma non meno pregevole, riesce a fotografare con la lucidità che lo contraddistingue uno dei rari momenti epifanici della coscienza umana.

Davvero capita di destarsi nottetempo e di sentirsi sprofondare nell’abisso del nulla, di naufragare nell’oceano della solitudine. Ci domandiamo: che cosa succederà domani? Che cosa sarà di noi tra un anno, cinque, dieci? Il passato, il presente ed il futuro si fondono su un fondale indistinto.

L’identità si sente smarrita sul baratro dell’ignoto ed il buio è solcato da interrogativi cosmici. Il male potrebbe essere irredimibile, i patimenti potrebbero essere inutili e l’assurdo sembra il perno dell’universo. Siamo in bilico tra un caso insensato ed un destino iniquo. Frana la terra sotto i piedi, mentre l’angoscia fagocita la ragione. Intanto un freddo bagliore di numeri rischiara l’oscurità della camera, scandendo la fatalità del Tempo.

E l’alba a dissolvere quelle ombre, anche se qualche fosco velo continua ad aleggiare tutto intorno…

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