26 ottobre, 2013

Skull school

Nulla è più storto del diritto.



Sempre più spesso si addita l’esempio della Cina. I Cinesi sono esaltati per la loro efficienza ed alacrità. La "Repubblica popolare" è una superpotenza mondiale ai primi posti in parecchi settori dell’economia. Soprattutto si elogiano gli studenti del Celeste Impero che dimostrano capacità fuori dal comune: sono tenaci, infaticabili, assai versati nelle discipline scientifiche... Molti analisti ritengono che in un futuro non lontano la Cina sarà il vivaio di ricercatori nei campi più avveniristici, ad alto contenuto tecnologico.

Senza misconoscere alcune qualità degli allievi cinesi, bisogna, però, chiedersi che senso abbia un tipo di insegnamento che forma solo dei tecnici, anzi degli automi produttivi. Certo, sono adatti alla nostra società ipertecnologica, prossima ad una mutazione sotto il segno del Transumanesimo. Nondimeno il vero sapere è altra cosa.

Il discorso investe la scuola tout court: restano poche oasi culturali destinate ad essere fagocitate dalla sabbia rovente dell’ignoranza telematica. Il sistema (mai parola fu più idonea) “educativo” sforna dei diligenti esecutori, degli schiavi contenti di esserlo, dei sudditi che si credono liberi, perché hanno partecipato al progetto sulla “legalità” o sulla “cittadinanza attiva”.

Gli istituti scolastici attualmente sono il tempio dell’ipocrisia: quando sopravvive qualche interesse culturale è come un filo d’erba soffocato dal cemento.

Lucio Mastronardi è autore di un racconto ironico ed amaro intitolato “La sigaretta”. Il protagonista è un maestro che cerca in modo ossessivo di ottenere la stima dei superiori. Nei locali dell’istituto – come è ovvio – è vietato fumare, ma il docente è abituato a trasgredire finché un giorno, entrata all’improvviso la preside nell’aula, egli in fretta e furia nasconde il mozzicone in una tasca che si brucia. Il figlio, che è un suo scolaro, racconta con sadico compiacimento l’episodio alla mamma ed alla nonna. Le donne ne traggono motivo per umiliare l’insegnante.

Servilismo, adulazione, insincerità nei rapporti umani sono i disvalori che regnano negli ambienti di lavoro. Mastronardi dipinge un milieu soffocante dove la proibizione di fumare è la testimonianza più luminosa di un’istituzione che è “palestra di virtù”. Demonizziamo il tabagismo, ma che ci avvelenino con mille altre pozioni! “Virtù”... dolciastro termine deamicisiano, quanto mai adatto a rendere quell’atmosfera appiccicosa che si respira nei “licei” di oggi, invasi da slogan, da reboanti ma vuote iniziative sulla tolleranza, il multiculturalismo, la tutela dell’ambiente (sic)... Aria fritta! Fumo per gli allocchi! E’ un paese di tristi balocchi: appena varcata la soglia dell’edificio scolastico si è risucchiati nel mondo dove la tanto glorificata legalità è ridotta ad un diritto storto come un ramo secco.

Gli obiettivi che dovrebbe prefiggersi l’educazione sono la capacità di pensare, l’abitudine ad osservare, specialmente la creatività. Sono tutte mete che trovano poco o punto spazio nelle scuole attuali. Pazienza: ciò che è essenziale – ci ricorda Oscar Wilde - non si apprende quasi mai sui banchi e l”istruzione” è destinata ad essere spazzata via insieme con il ciarpame di questo sistema decrepito e fatiscente.

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